Da Milano Finanza dell’8 luglio 2025 – Intervista al nostro Managing Partner Avv. Lorenzo Bacciardi sul 𝐫𝐢𝐩𝐨𝐬𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐦𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐞𝐠𝐢𝐜𝐨 di Bacciardi Partners.
«Nel cinquantesimo anno dalla fondazione, Bacciardi Partners si rinnova profondamente, non solo nell’immagine. A guidare questo cambiamento è Lorenzo Bacciardi, che racconta come lo Studio si sia evoluto per rispondere alle esigenze delle imprese che vogliono crescere, innovare e strutturarsi per competere.
Domanda: Partiamo proprio dal rebranding: perché avete sentito la necessità di ripensare la vostra identità proprio nel cinquantesimo anno di attività?
Lorenzo Bacciardi: La nostra è stata un’evoluzione continua. Da studio legale tradizionale, fondato nel 1974, ci siamo evoluti negli anni ’80 in uno studio di affari focalizzato sulle operazioni transnazionali. Poi, con la globalizzazione e l’accelerazione dei mercati, è diventato chiaro che la crescita richiedesse soluzioni più rapide e articolate. Le operazioni greenfield non erano più sostenibili nei tempi. Abbiamo quindi affiancato l’area delle operazioni straordinarie e finanziarie, diventando
specialisti in M&A. In tempi più recenti, è diventato centrale il tema della compliance aziendale: le imprese devono essere solide e conformi a normative complesse per poter competere. E infine, è arrivata la rivoluzione tecnologica. Il nostro nuovo brand riflette questa evoluzione. Le quattro frecce colorate rappresentano le nostre aree d’attività: legale e fiscale, corporate finance, organization & people, e tech & innovation.
D: Come si articola concretamente questo approccio multidisciplinare?
LB: Le diverse competenze di cui abbiamo detto sono integrate e contaminate tra loro: un approccio che ci consente di essere un partner strategico per le imprese italiane che vogliono crescere non solo attraverso operazioni straordinarie o l’ingresso in nuovi mercati esteri, ma anche strutturandosi in termini di governance, compliance e trasformazione digitale. L’impresa oggi non compete più soltanto sul prodotto, ma sulla sua capacità organizzativa, sulla conformità alle normative, sulla sostenibilità e sulla padronanza tecnologica. La nostra forza sta nel combinare competenze verticali e orizzontali in modo da accompagnare le Pmi in un percorso completo di crescita e posizionamento competitivo, anche verso l’ingresso di investitori esteri.
D: Quali sono le leve strategiche per la crescita aziendale moderna?
LB: La prima leva, senza dubbio, è il cambio di mentalità. Molte imprese e imprenditori italiani hanno ancora grandi potenzialità di crescita inespresse, bloccate però da una visione tradizionale, datata. Troppo spesso si ritiene che l’azienda, così com’è, possa superare qualsiasi crisi. Ma non è più così. La seconda leva è la finanza straordinaria, uno strumento ancora poco utilizzato perché manca una cultura imprenditoriale adeguata. Molti imprenditori, pur di non aprirsi a soci o investitori, «preferiscono restare da soli al timone di una nave che affonda». Terzo punto: l’internazionalizzazione. La presenza sui mercati esteri resta una chiave di crescita fondamentale. Quarta leva, la tecnologia, insieme alla crescente richiesta di compliance: conformità normativa, sostenibilità, digitalizzazione. Sono dimensioni sempre più decisive per le imprese. E infine, aggiungerei una quinta leva che oggi diventa imprescindibile: la riqualificazione del capitale umano. Siamo in una fase in cui le risorse umane temono il futuro. Le generazioni mature vanno supportate con percorsi di upskilling e reskilling, mentre le nuove generazioni vanno coinvolte, valorizzate, motivate.
D: Il vostro studio è nato nel cuore del distretto di Pesaro. Il distretto, la forma tipica dell’industria italiana, è ancora un modello di valore?
LB: Il sistema a «distretto industriale» si è evoluto in «polo industriale», dove esistono aziende capofila, cresciute enormemente, che hanno creato un sistema di indotto, a monte e a valle, popolato da una molteplicità di società minori. Nel nostro territorio industriale sono infatti emerse eccellenze come il gruppo Biesse, Teamsystem, Scavolini, Renco, Fab e Gruppo Vag (Rivacold). Un modello produttivo articolato, basato su centinaia di referenze realizzate in Italia, difficilmente replicabile altrove senza una strategia. Il Made in Italy non deve essere un limite, ma occorre, sempre più, replicare le attività di successo nei mercati, o almeno parte di esse. Al tempo stesso, per preservare la presenza in Italia, le imprese capofila devono evitare di comprimere i margini dei fornitori: se si rompe quella catena, ricostruirla è quasi impossibile.
D:Come immaginate il futuro dello studio tra 5 o 10 anni? E quali figure professionali vedremo
sempre più centrali nel vostro team?
LB: Nei prossimi cinque anni porteremo a compimento l’organizzazione di Bacciardi Partners per renderla capace di offrire servizi specialistici evolutivi per accompagnare le imprese nei percorsi di crescita in Italia e all’estero. Entro dieci (10) anni vediamo una presenza territoriale più capillare: oggi siamo a Pesaro, Cesena, Bologna e Milano. In futuro intendiamo sviluppare una nostra presenza a Firenze, Verona e Torino. Ma soprattutto, vedo una consulenza sempre più cross-border: l’Europa non è più «estero». Tutto il mondo è il nostro mercato naturale. Cresceremo anche nei numeri: ben oltre gli attuali 40 professionisti. Sicuramente estenderemo le nostre aree di intervento, affiancando alle operazioni straordinarie anche ristrutturazioni aziendali, turnaround, wealth advisory e servizi per l’high net worth individual che sceglie l’Italia come luogo dove vivere e investire. Il mercato del luxury real estate, ad esempio, diventerà sempre più rilevante. Il nostro Paese ha due leve strategiche fondamentali: la cultura e il benessere. L’Italia è destinata a specializzarsi sempre più in ecosistemi di bellezza e qualità della vita. E le industrie che sapranno coniugare queste dimensioni saranno le più resilienti nel tempo.»
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