A cura degli Avv.ti Enzo Bacciardi e Michele Sacchi Dipartimento Diritto del Lavoro

Il “patto di prova” consiste in uno specifico accordo, di norma necessariamente formalizzato per iscritto, che datore di lavoro e lavoratore possono stipulare per far sì che, per un certo periodo di tempo, entrambi possano comprendere se valga o meno la pena di rendere definitivo il rapporto di lavoro. 

Il datore di lavoro godrà quindi di un determinato lasso di tempo per valutare serenamente le capacità e le attitudini del lavoratore e, parallelamente, il lavoratore potrà capire se quel determinato posto di lavoro sia effettivamente rispondente alle proprie iniziali aspettative. 

Questa pattuizione prevede per ciascuna parte la libertà di recedere dal contratto senza necessità di motivazione, indennità o preavviso, salvo che sia previsto un tempo minimo di prova: in tal caso il recesso non potrà essere esercitato prima della scadenza di tale termine. 

Bisogna prestare particolare attenzione ad indicare le mansioni oggetto del patto di prova e, quindi, le mansioni che generalmente saranno affidate al lavoratore nell’eventuale prosieguo del rapporto di lavoro; tali mansioni dovranno essere indicate specificamente nel contratto oppure nel relativo mansionario o job description. Infatti, nel caso in cui manchi questa precisa indicazione ed il datore di lavoro proceda al recesso dal contratto per il “mancato superamento del patto di prova”, il lavoratore potrà agire in giudizio per chiedere l’accertamento dell’illegittimità del patto stesso. 

Qualora il Giudice del Lavoro accerti che le mansioni oggetto del patto di prova non fossero indicate o fossero eccessivamente generiche e, cioè, accerti come il lavoratore non fosse messo nelle condizioni di dimostrare concretamente le proprie capacità, il patto di prova verrebbe dichiarato nullo: la conseguenza concreta sarebbe quella della ricostituzione del rapporto di lavoro. 

Secondo alcune pronunce della Corte di Cassazione in tali casi, al fine di definire le mansioni affidate, si può ritenere corretto il rinvio alle previsioni del contratto collettivo qualora le declaratorie relative ai vari livelli siano sufficientemente specifiche da non creare dubbi sulle mansioni oggetto della prova (Cass. civ., Sez. lav., 20/5/2009, n. 11722; Cass. civ., Sez. lav., 9/6/2006, n. 13455). 

Tuttavia, essendo un tema dove regna una spiccata incertezza interpretativa e dove non mancano le sentenze di merito contrarie alle pronunce appena citate (ad es.: Trib. Torino), è una buona pratica strutturare il patto di prova con attenzione, caso per caso e profilo per profilo: è un’attività, finalizzata alla minimizzazione del rischio di causa, che il nostro dipartimento di Diritto del Lavoro e Relazioni Industriali può compiere assieme a voi.